Tattica, fame, diligenza: vuol dire tutto e niente, luoghi comuni del lessico calcistico, perché se Ferran Torres non avesse fallito tre gol più o meno allo stesso modo, Barcellona-Napoli avrebbe potuto chiudersi anche quattro a uno. Però, in tutte e tre le occasioni, la pressione dei difensori azzurri sull’esterno blaugrana ha avuto un peso non trascurabile nello scongiurare il gol. Questo per dire che il Napoli ha compreso alla lettera la lezione di Spalletti e ha giocato, contro una squadra più forte, in maniera esemplare. Avrebbe vinto se il Var non avesse certificato con la sua infallibile vista un fallo di unghie di Juan Jesus, costato un rigore formalmente plausibile, ma nella sostanza difficile da accettare. Perché involontario, e accidentale.
Comunque sia, questo pareggio vale quanto mezza stagione. Perché rende autoevidente che il carattere non è un’irrisolvibile incompiuta, ma piuttosto un equilibrio alla portata dell’esperienza e delle qualità tecniche della formazione azzurra. Soprattutto quando in mezzo alla difesa giganteggia Koulibaly con una naturalezza che incanta, quando a centrocampo Fabian Ruiz dirige senza mai perdere il fuoco del gioco, quando in attacco Zielinski colpisce con la determinazione di un top player che sa di non poter fallire la più ghiotta delle occasioni.
I numeri raccontano fedelmente la concretezza del Napoli in formato europeo: il Barça tira ventuno volte in porta contro le quattro degli azzurri. Ma in sedici casi non centra lo specchio, mentre Osimhen e compagni non smarriscono mai la mira. E il confronto delle occasioni reali alla fine si chiude cinque a quattro. Con i padroni di casa che doppiano gli azzurri nel possesso palla – 66 a 33 -, ma perdono la maggior parte dei duelli, perché il Napoli è la squadra che ci sta di più con la testa. Anche se sugli spalti ci sono settantaquattro mila paganti, e non cessano mai di rumoreggiare. Anche se Xavi si sbraccia in ogni modo per spiegare ai suoi come verticalizzare la manovra e bucare la ragnatela azzurra.
L’impresa fallisce, perché la ragnatela non ha buchi. E perché il Barça è una squadra convalescente, non guarita, anche se, con l’arrivo in panchina del mitico regista campione del mondo, è passata dal nono al quarto posto in campionato. C’è nella trama blaugrana una qualche confusione, che la regia di Frenkie de Jong non risolve, e una qualche evanescenza offensiva. Ne sono specchio la fantasiosa ma inconcludente caparbietà di Traoré e la giornata no di Ferran Torres. Però con Busquets, e soprattutto con Démbelé sulla fascia destra, il Barça è un’altra cosa, e negli ultimi quindici minuti gli azzurri vedono i sorci verdi.
Sono immagini che sarà bene fissare nella memoria, per evitare che si ripetano al Maradona. Dove il pareggio non è una garanzia, perché contro una squadra così attrezzata tutto si rimette in gioco. Nei sette giorni che dividono il Napoli da quest’appuntamento, ci passa la trasferta di Cagliari, la rincorsa all’Inter e tante troppe emozioni, per le quali è necessario che il carattere diventi un’abitudine.